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25 aprile 2020

Kamikaze 3

L'altro giorno al mercato ho avuto di nuovo il piacere di scambiare due chiacchiere con quel tizio che di professione fa il kamikaze. Mi ha salutato con il solito calore, ma si vedeva che era sofferente, non capivo se per malessere fisico o per qualche conflitto interiore. Gli ho chiesto cosa avesse; mi aspettavo di sentirlo parlare di insoddisfazione lavorativa, o magari del senso di inutilità che ti prende dopo tanto tempo che ti fossilizzi nello stesso lavoro. Invece: «Amico mio, non me ne parli. La schiena mi fa impazzire, ho l'ernia del disco, una sciatica che non le dico. Dovrei stare a riposo, ma sa... noi kamikaze dobbiamo camminare in continuazione per cercare obiettivi sensibili... ad ogni passo è una fitta, una scossa elettrica fino al calcagno... e sì che io sono uno che di solito sopporta bene...». Dico: «Ma ha fatto gli esami?» «Come no, dentro e fuori dagli ambulatori, tempi di attesa, una barba» «E cosa dicono i medici?» «Cosa vuole che dicano... uno l'ernia se la tiene, si fa la sua ginnastichina e tanta pazienza» «E come fa col lavoro?» «Ah non posso certo stare in mutua! Nel nostro lavoro uno può crepare ma non ammalarsi. Meno male che adesso fanno queste cinture lombari che ti tengono ben dritta la schiena. E ti danno un minimo di sollievo.» E mi ha mostrato quella che sembrava una normale cintura lombare steccata, ma che a ben guardare, ospitava una serie di cilindri di metallo collegati a dei fili elettrici. Lui mi guardava con aria complice. «Ma non mi dica! Ha una cintura lombare esplosiva? Ma è geniale!» «Non lo dica a nessuno» mi ha risposto.  «All'organizzazione non piace, è poco virile... sa com'è... noi kamikaze siamo sempre costretti a mostrarci spietati, invincibili. Ma neanche noi siamo superuomini. Del resto io non saprei come fare altrimenti». Mi ha sorriso, gli ho dato una pacca sulla spalla, con delicatezza, e ce ne siamo andati, ognuno per la sua strada.

(Giugno 2017)

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