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25 aprile 2020

Kamikaze 4

Oggi mi accorgo che, davanti a me in coda al supermercato, c'è quel tizio simpatico che di professione fa il kamikaze. Si gira, mi vede, fa l'occhiolino: capisco che mi sta sorridendo da dietro la mascherina. Realizzo però che, stranamente, non indossa la sua solita cintura esplosiva.
«E' da un po' che non la si vede in giro» dico.
«Amico mio, cosa vuole, questa pandemia è una catastrofe per il nostro settore. Mi dica: lei da quanto tempo è che non sente parlare di attentati suicidi?».
«In effetti...» commento «...è un'altra di quelle tradizioni storiche che purtroppo si vanno perdendo...»
«Han tagliato gli organici. Da quando sono vietati gli assembramenti non c'è lavoro. Io stesso sono stato messo in cassa integrazione a zero ore. E' solo questione di tempo: è la volta che mi tocca rimanere a casa» mi dice.
«Mi spiace davvero... e adesso cosa pensa di fare?».
«Sto faccendo dei colloqui...» mi dice con malcelato entusiasmo «... e ho buone chances di essere assunto come complottista, per ora con un contratto part-time, ma a tempo indeterminato.»
Io cado dalle nuvole, non sapevo di questa professione e gli chiedo spiegazioni.
«Ma sì, è un lavoro piacevole e per niente stressante, si fa interamente in smart working, basta una buona connessione Internet.»
«Ma quindi... mi scusi se banalizzo... si tratta semplicemente di diffondere fake news cospirazioniste? E la pagano per questo?»
«Certo, ma guardi che anche qui ci va un certo talento: bisogna selezionare continuamente, ci sono milioni di notizie, individuare quelle che funzionano di più dal punto di vista del marketing, quelle che hanno più presa, mi capisce?»
Annuisco.
«E bisogna continuamente stare al passo coi tempi. Insomma avrà visto anche lei che ogni giorno escono complotti nuovi... Devi tenerti sempre aggiornato... Ad esempio adesso va tantissimo il 5G, ma guai a fossilizzarti: rischi di rimanere tagliato fuori. Chiaramente puoi decidere di andare sul classico, è una scelta anche quella... i vaccini ad esempio: andranno sempre perché sono un prodotto senza tempo, ma ed esempio chi si è buttato sulle scie chimiche adesso fa la fame, non vanno più!»
Gli chiedo se si guadagna bene.
«Mah... alla fin fine dipende sempre dal target che uno si dà: c'è gente che fa la grana con questo lavoro. Io mi accontenterei di viverci decentemente.»
«Lei mi stupisce sempre» gli dico ammirato. «Ma chi sarà il suo datore di lavoro, se posso permettermi?»
«Non dovrei dirlo, loro non vogliono che si sappia. Ma lei mi è simpatico... l'azienda si chiama "Deep State" ma sarebbe in pratica un rebranding: una volta si chiamava "Poteri Forti", se la ricorda?»
«Il nome non mi è nuovo»
Mi sorride con complicità.
«A me piaceva il vecchio nome... ma capirà: l'inglese funziona di più, come un po' in tutto, del resto...»
Avrei ancora tante domande da fargli, ma dobbiamo salutarci: è arrivato il nostro turno. Ci salutiamo con cordialità rispettando il doveroso distanziamento sociale e in un attimo lo vedo sparire dietro il banco delle mozzarelle.

(Aprile 2020)

Kamikaze 3

L'altro giorno al mercato ho avuto di nuovo il piacere di scambiare due chiacchiere con quel tizio che di professione fa il kamikaze. Mi ha salutato con il solito calore, ma si vedeva che era sofferente, non capivo se per malessere fisico o per qualche conflitto interiore. Gli ho chiesto cosa avesse; mi aspettavo di sentirlo parlare di insoddisfazione lavorativa, o magari del senso di inutilità che ti prende dopo tanto tempo che ti fossilizzi nello stesso lavoro. Invece: «Amico mio, non me ne parli. La schiena mi fa impazzire, ho l'ernia del disco, una sciatica che non le dico. Dovrei stare a riposo, ma sa... noi kamikaze dobbiamo camminare in continuazione per cercare obiettivi sensibili... ad ogni passo è una fitta, una scossa elettrica fino al calcagno... e sì che io sono uno che di solito sopporta bene...». Dico: «Ma ha fatto gli esami?» «Come no, dentro e fuori dagli ambulatori, tempi di attesa, una barba» «E cosa dicono i medici?» «Cosa vuole che dicano... uno l'ernia se la tiene, si fa la sua ginnastichina e tanta pazienza» «E come fa col lavoro?» «Ah non posso certo stare in mutua! Nel nostro lavoro uno può crepare ma non ammalarsi. Meno male che adesso fanno queste cinture lombari che ti tengono ben dritta la schiena. E ti danno un minimo di sollievo.» E mi ha mostrato quella che sembrava una normale cintura lombare steccata, ma che a ben guardare, ospitava una serie di cilindri di metallo collegati a dei fili elettrici. Lui mi guardava con aria complice. «Ma non mi dica! Ha una cintura lombare esplosiva? Ma è geniale!» «Non lo dica a nessuno» mi ha risposto.  «All'organizzazione non piace, è poco virile... sa com'è... noi kamikaze siamo sempre costretti a mostrarci spietati, invincibili. Ma neanche noi siamo superuomini. Del resto io non saprei come fare altrimenti». Mi ha sorriso, gli ho dato una pacca sulla spalla, con delicatezza, e ce ne siamo andati, ognuno per la sua strada.

(Giugno 2017)

Kamikaze 2

Oggi in centro ho rivisto quel tizio che lavora come kamikaze. Mi ha riconosciuto e mi ha salutato con calore, ma ho visto subito era più mogio dell'altra volta. Gli ho chiesto: «Come mai è ancora in giro, non ha ancora trovato un obiettivo sensibile?» «Signor mio, non è un bel periodo, abbiamo una concorrenza spietata da parte dell'Islam» mi ha risposto. Ho convenuto che in effetti quelli dell'Islam sembrano più motivati, più entusiasti, insomma che ci credano di più. «Che lavoro fa lei, se posso permettermi?» Gli ho detto che lavoro in un'azienda privata. «Non vorrà mica dirmi che lei crede davvero che i prodotti della sua azienda siano migliori di quelli della concorrenza?» «Beh, no, che c'entra, il lavoro è lavoro, ce li si fa piacere per forza» «E anche per loro è uguale... sembrano più motivati perchè hanno un buon marketing... e poi niente da dire, sono trattati meglio come lavoratori, hanno più benefit nel dopolavoro. E non hanno praticamente pressione fiscale. A noi kamikaze italiani le tasse ci uccidono letteralmente...». Mi ha sorriso e ha aggiunto: «Ma insomma, bisogna essere ottimisti. Ho in mente un progettino per cui sentirà presto parlare di me» «Glielo auguro di cuore». Ci siamo salutati, l'ho visto con la coda dell'occhio che entrava in un centro commerciale e io me ne sono andato per la mia strada.

(Febbraio 2016)

Kamikaze 1

Oggi alla fermata parlavo con uno che di professione fa il kamikaze. Gli ho chiesto come andava. «Amico mio» mi ha risposto. «Questo è un buon periodo, c'è tanto lavoro, non discuto, ma consideri che noi abbiamo una carriera molto corta, come i calciatori, e dobbiamo darci da fare finché siamo giovani, e poi non c'è pensione, niente ferie pagate, non c'è malattia. Ora mi scusi, ma le consiglio di farsi un po' in là, che devo lavorare.»

(Novembre 2015)

05 aprile 2020

La Non Quarantena

Il Sig. Lazzaretto guardò ancora una volta la sua casa vuota con uno struggente desiderio di entrare e rimanerci rannicchiato dentro, al riparo da tutto. Da quando il governo aveva imposto il divieto di quarantena, nessuno poteva starsene nella propria casa e ognuno era costretto a vagare di abitazione in abitazione, occupando quelle degli altri e dormendo ogni notte in una casa diversa. 
A volte ti capitava una villa con piscina e parco, ma più spesso ti beccavi un miniappartamento periferico di 35 mq con annessi tre bambini frignanti e un cane puzzone. Il Sig. Lazzaretto sapeva che il vorticoso cambio di domicilio era essenziale per arginare il diffondersi del virus, ma nondimeno sentiva sempre più il peso di dover utilizzare ogni giorno lo spazzolino di un altro, leggere libri di altri che lo disgustavano e per di più da una pagina imprecisata, non potendo mai conoscerne l'inizio. Ma la cosa che più lo deprimeva era l'obbligo di creare assembramento nel parco, con gli altri runners. Questo proprio non poteva sopportarlo.




La Quarantena

22 gennaio 2028: Il Sig. Lazzaretto, da poco alzatosi dal letto, guardò dalla finestra la strada deserta. Vide con la coda dell'occhio un vicino affacciarsi alla finestra della casa di fronte, ma non ricordava se fosse qualcuno che aveva già conosciuto o uno nuovo.
Non c'era modo di saperlo, quindi decise che non era importante. Da giorni stava arrovellandosi nel tentativo di ricordare come mai a nessuno fosse consentito di uscire dalla propria casa.
C'era stato un tempo in cui si poteva fare, di questo era certo: ricordava distintamente di avere raggiunto lui stesso la città più a valle, forse anche più volte in passato. Certo non ricordava il nome della città, ma certi angoli, certe piazze, certe vie larghe e dritte lungo le quali si ergevano palazzi signorili erano nettamente impressi nella sua memoria. Peccato non poterci tornare...
Del resto quei signori alla TV erano stati molto chiari: stare in casa. Il Sig. Lazzaretto non aveva mai avuto l'impulso di violare la direttiva, ma pensò che gli sarebbe stato più facile accettarla se avesse trovato una risposta al suo interrogativo: c'era una ragione precisa per cui non si potesse uscire? Eppure era convinto che in passato, si intende molto tempo prima, la ragione gli fosse nota. In ogni caso adesso non ricordava.
Una guerra magari. Ecco, forse era radioattività? Un'esplosione nucleare che aveva reso il mondo esterno impraticabile. Poco plausibile: non gli era stato detto nemmeno di tenere le finestre chiuse. E poi, se davvero ci fosse stato un fall-out nucleare, sarebbero morti già tutti, lui compreso, e compreso il vicino di fronte.
Un'epidemia? Possibile, ma non gli veniva in mente né quale malattia, né se qualcuno di quelli che conosceva fossero stati contagiati. Lui di sicuro non ricordava di essere stato malato.
Magari il vicino di casa ne sapeva di più, ma come fare a chiederglielo? Lo vedeva sempre per pochi secondi e non era mai nemmeno accaduto che avessero incrociato lo sguardo. Gli capitava di vederlo in particolare al mattino. Decise che l'indomani avrebbe provato ad attirare la sua attenzione.
Ecco, si sentì molto sollevato, aveva finalmente trovato qualcosa da fare, adesso si trattava solo di capire come. Ma il Sig. Lazzaretto non se ne preoccupò: avrebbe avuto molto tempo davanti per capirlo.